Il mio lavoro prevede io analizzi i portafogli dei clienti almeno settimanalmente (anche se direi che è un lavoro pressochè quotidiano). Il mio lavoro non prevede invece io faccia un’analisi dell’intero portafoglio investimenti per aggregati. E’ invece a mio avviso un’analisi molto utile, perché oltre a dare la misura di come si sono mossi nel loro complesso gli investimenti (analisi forse più utile al consulente che al cliente), consente di confrontare tra loro i portafogli, verificare dove a parità di rischio ci sia stata una differenza di rendimento e ricavare da dove derivi questa differenza. Questo permette di combinare i vari mattoni che compongono un investimento in modo migliore, e arrivare ad un punto di efficienza maggiore.

In questo senso il mio lavoro, oltre al confronto costante con il cliente, si struttura partendo dall’analisi dei mercati, dall’analisi dei singoli investimenti per ogni cliente, ma anche dalle deduzioni che derivano da un tale tipo di analisi, in una logica di miglioramento continuo.

L’analisi degli aggregati è un lavoro che assorbe molto tempo, pertanto non può essere svolta frequentemente quanto si vorrebbe, ma il fine anno è il momento ideale per i bilanci, quindi: come sono andati gli investimenti in questo anno disastroso dal punto di vista sanitario e sociale?

 

I NUMERI DELL’ANALISI

Composizione degli investimenti

Non abbiate timore dei numeri, nell’ultimo paragrafo spiego tutto. L’analisi per aggregati mi restituisce una composizione del portafoglio media così strutturata: monetario e obbligazionario breve termine 36,03%, obbligazionario 20,29%, e azionario 31,51% (attenzione, il totale non dà 100% perché è una media semplice). In valore relativo sugli aggregati di portafoglio, dove invece la somma è pari a 100%, le cose cambiano: il monetario e obbligazionario breve termine occupano un 22,99% del portafoglio complessivo, l’obbligazionario il 32,48%, l’azionario il 41,46% e altre componenti non altrove classificate un 3,06%. Il pollo di Trilussa ci insegna che le medie possono essere poco significative: se due persone mangiano in media un pollo, ma una di quelle due persone ne mangia due, significa che uno ha la pancia vuota, e allora è necessario guardare alla distribuzione attorno alla media e implementare altre misure statistiche. Concentrandoci su due sole asset class, quelle core dell’investimento, la media di obbligazionario presente negli investimenti dei clienti a livello di singolo portafoglio ha una deviazione standard di 18,04 punti e un coefficiente di variazione dell’88,93%, mentre l’azionario ha una deviazione standard di 26,16 con un coefficiente di variazione dell’83,02%. Il valore mediano dell’azionario è pari al 20,8% e quello dell’azionario del 34,85%.

Indicatori di rischio

Ricordiamo che il VaR (Value at Risk) rappresenta la perdita massima potenziale che ci si può aspettare dal portafoglio nel prossimo giorno di mercato (se il VaR ad esempio è dell’1%, con una probabilità del 99% il mio investimento non perderà più dell’1% il giorno successivo). Il VaR medio ponderato complessivo degli investimenti è pari all’1,46%, la media per cliente dell’1,32% e il valore mediano pari all’1,14%. Nel complesso i portafogli si trovano in un’area di rischio tipica del profilo di investitore cosiddetto “equilibrato”.

I rendimenti

Con la composizione sopra riportata degli investimenti il rendimento medio semplice è stato pari al 4,18%, con una mediana del 4,10% e una media depurata della parte puramente monetaria del portafoglio (liquidità di conto corrente) pari al 5,23%.

 

DEDUZIONI E CONCLUSIONI

La composizione dei portafogli ha al proprio interno una quota di obbligazionario che va dal 20% al 30%, una quota di azionario che va dal 30 al 40%, il resto in strumenti monetari o liquidità. La prima deduzione che emerge da quanto sopra riflette la mia attuale visione del mercato e la strategia di investimento, che ho più volte ribadito nei precedenti articoli: la convinzione che l’obbligazionario (specialmente quello più a lunga scadenza), sebbene spari ancora qualche colpo, non sia meno rischioso dell’azionario, anzi, la ferma convinzione che la ricerca di rendimento debba proprio ricadere sull’investimento in azionario. E’ necessario ribadire che l’obbligazionario non va assolutamente escluso dal proprio portafoglio, in quanto componente essenziale a bilanciamento degli investimenti, ma va accuratamente selezionato, esattamente come l’azionario.

Spesso l’investitore cade nell’inganno dell’Home Bias, elemento della finanza comportamentale secondo cui si è portati ad effettuare scelte in base a ciò che risulta più familiare, prossimo e conosciuto. E’ per questo che molti investitori comprano i BTP, non considerando il fatto che ad oggi il rendimento di un BTP con scadenza a 10 anni è dello 0,503% annuo e che i rischi legati al cambiamento futuro di politica monetaria – e non solo, per quanto ad oggi non percepiti, saranno dirompenti sui corsi delle obbligazioni. Al pari quando gli investitori comprano azioni italiane spesso ritengono di effettuare una corretta diversificazione di portafoglio perché “ho messo anche l’azionario nel portafoglio”. In realtà il mercato italiano pesa sul mercato azionario mondiale per una minima percentuale (di gran lunga inferiore al 3%), contro ad esempio il quasi 60% del mercato americano o il quasi 10% del Giappone.

Per tornare all’analisi, salvo alcune eccezioni che rappresentano casi eccezionali, gli investimenti sono diversificati con il bilancino di precisione, a partire dalla diversificazione tra asset class, a quella geografica e settoriale, nonché sulle scadenze. Ad inizio 2020, quando il COVID non rappresentava la minaccia agli investimenti che poi si sarebbe rivelata, il rischio medio dei portafogli era inferiore ad oggi, così come la quota di azionario, con una maggior quota di monetario. Coerentemente a quanto scritto sopra – e quanto scritto nei precedenti approfondimenti – ho dosato una quota maggiore di rischio per il contesto di mercato che ho descritto nell’articolo del 13 novembre “Economia e mercati: siamo all’alba di una forte ripresa?”.

Nonostante un anno veramente particolare (dal punto di vista finanziario), il fatto di avere una quota maggiore di liquidità ad inizio anno ha consentito di gestire al meglio la fase di crisi di marzo e aprile, momento in cui contrariamente a quanto deciso da diversi investitori, i clienti non si sono trovati nella necessità di disinvestire ma, al contrario, di disporre di liquidità per entrare sui mercati finanziari a prezzi migliori. I risultati si sono poi visti, con un rendimento medio di portafoglio del 5,23%. In termini pratici, in un anno in cui il mercato ha toccato minimi che non toccava da anni, il rendimento degli investimenti è stato pari a quello che avrei avuto tra dieci anni se avessi comprato un BTP, con situazioni singole di portafogli che sfiorano il 16% di rendimento. E’ chiaro che in questo contesto è sempre opportuno avere chiaro il concetto di rischio, e misurarlo correttamente in base a quanto si è ad esso propensi.

Un’ulteriore cosa va detta, a conferma e completamento di quanto sopra scritto: se l’azionario è l’asset class che più rende, significa che il portafoglio con più azionario ha reso di più? La risposta è no: l’azionario va selezionato e combinato con le altre asset class. Allo stesso modo, il portafoglio con più rischio è anche quello che ha realizzato il risultato migliore? Anche qua la risposta è no, per la stessa ragione del punto precedente.

In conclusione una curiosità: qual è l’investimento che più ha reso all’interno del portafoglio? L’investimento sul Digital Health, che in quest’anno ha quasi raddoppiato il proprio valore da inizio anno.

I numeri realizzati nell’anno che si è appena concluso sono stati di tutto rispetto, e mi considero personalmente soddisfatto del lavoro svolto. E’ chiaro che ci sono sempre margini di miglioramento, e infatti questo insieme di analisi con le quali annoio chi legge questa pagina servono in primis a me per capire dove io possa correggere la mia azione. Posso tuttavia dirmi soddisfatto del lavoro svolto per un motivo principale: ho dato impulso ad un processo razionale negli investimenti, che mi ha consentito di ascoltare, analizzare e capire clienti mercato e contesti, e partendo da questo, con il confronto continuo, mantenere una buona dose di lucidità e sangue freddo nei momenti difficili del primo semestre, per poi toccare con mano i risultati, mantenendo una forte coerenza di fondo.

Tutto ciò è possibile grazie anche alla mandante per la quale lavoro: la solidità e la varietà di offerta, due valori aggiunti irrinunciabili per poter fare una vera consulenza di qualità.

Buon 2021 di salute!

 

Luca Giordani

 

info@Lgconsulenzafinanziaria.it

 

Disclaimer

I dati, le opinioni, e, in generale, i contenuti del presente documento hanno carattere esclusivamente informativo e non rappresentano una “sollecitazione all’investimento” o una offerta, né una raccomandazione all’acquisto o alla vendita di strumenti finanziari e/o di qualsiasi tipologia di servizi di investimento