Non rovinare il tuo presente per un passato che non ha futuro

W. Shakespeare

 

Esiste la possibilità di migliorare un investimento, qualsiasi investimento esso sia? La risposta è (quasi) sempre sì. In questo contesto due sono i fattori fondamentali per la miglior “resa” del portafoglio: gli obiettivi di investimento e la ricerca della miglior efficienza possibile degli strumenti e della loro combinazione. Questo può significare una cosa molto semplice: posso anche aver azzeccato il giusto tema di investimento, e magari aver conseguito buoni rendimenti, ma se non ho combinato il rischio atteso in base al profilo dell’investitore con il rendimento, se non ho utilizzato strumenti che siano convenienti anche dal punto di vista commissionale, se non ho reso fiscalmente efficiente il portafoglio, gli investimenti non tendono all’efficienza, quindi a risultati soddisfacenti in modo duraturo.

Nelle analisi di portafoglio che effettuo la cosa principale che balza all’occhio è l’assenza di una coerenza di fondo, che fa capo probabilmente ad una non corretta definizione degli obiettivi di investimento, per questo la fase di individuazione del bisogno (attese) del cliente è fondamentale. Tutti vogliamo guadagnare ma nessuno vuole perdere, e questo può generare tre tipi di atteggiamento:

  • Rimanere immobili e non investire
  • Essere eccessivamente prudenti (ed essere insoddisfatti dei risultati conseguiti dai propri investimenti)
  • Essere eccessivamente avventati (e ugualmente essere insoddisfatti dei risultati conseguiti)

 

Cosa significa rimanere immobili?

Significa perdere ogni giorno denaro per effetto dell’inflazione, e il pentimento non è immediato ma rimandato nel tempo. Per fare qualche esempio:

  • Se il tasso di inflazione è dell’1,5% annuo, la moneta dopo cinque anni perde il 7,2% del proprio potere di acquisto. Questo significa che di 100 che ho sul conto corrente, tra cinque anni me ne rimarranno 92,8.
  • Se il tasso di inflazione è del 2%, tra 5 anni i miei 100 iniziali varranno 91.
  • Caso estremo, un tasso di inflazione del 3% annuo, significa tra vent’anni l’erosione del 44,6% dei miei 100 iniziali (ovvero, tra vent’anni ritrovarsi con 55,4).

Oggi (ieri) abbiamo l’alibi dell’assenza di inflazione che ci fa stare più tranquilli, ma prima o poi il rialzo dei prezzi si verificherà (e in realtà qualche fiammata inflazionistica già si è registrata), e da allora non avremo necessità di contare quanto il nostro denaro ha perso, semplicemente dovremo rinunciare a più di un acquisto. Interessanti proiezioni evidenziano come partendo con 100.000 Euro nel 1990, e investendo il denaro con un’allocazione tipica degli investimenti (70% obbligazionario – 30% azionario), oggi avremmo oltre 370.000 Euro, mentre in assenza di investimenti ci sarebbero rimasti poco più di 51.000 Euro (elaborazione su dati ISTAT).

 

Cosa significa essere eccessivamente prudenti?

Significa nascondersi dietro la frase “almeno non ho perso”, ma avere quella sensazione di fondo che ci porta a ritenerci insoddisfatti ascoltando le notizie al telegiornale dei rialzi di borsa. Tradotto graficamente  significa paradossalmente che ho rischiato troppo poco per avere un rendimento desiderabile, o che trovandoci sulla linea della frontiera efficiente, non abbiamo identificato correttamente la nostra propensione al rischio. Preme notare come non sia necessariamente la natura degli strumenti a identificare il rischio di un portafoglio, ma la sua volatilità

 

Cosa significa essere avventati negli investimenti?

Significa pentirsi e dire a sé stessi “se mi fossi accontentato”. Qua paradossalmente abbiamo sopravvalutato il nostro punto di resistenza rispetto al rischio, e abbiamo ottenuto un rendimento inferiore al rischio che abbiamo messo.

Se guardiamo la frontiera efficiente nella figura qui sotto, dove sull’asse delle ascisse abbiamo il rischio atteso e sulle ordinate il rendimento atteso, abbiamo chiara la configurazione dei punti di efficienza ottimale di un portafoglio.

 

Frontiera Efficiente semplificata

 

Da dove partire? Dal rendimento che vogliamo conseguire o dal rischio che possiamo tollerare? Buona norma vuole che vengano entrambi presi in considerazione, ma in linea generale più breve è il nostro orizzonte temporale di investimento, più dovremo concentrarci sul rischio rispetto al rendimento.

In questa configurazione si prende in considerazione un rendimento positivo, e se ci collochiamo sulla frontiera efficiente il nostro portafoglio è comunque in un punto ottimale (punti A e D).

Il caso più lampante che ci fa parlare di errore nella costruzione del portafoglio è quello del punto B, dove ad un eccesso di rischio il rendimento del portafoglio non offre risposta, ma altrettanto inefficiente è il portafoglio C, dove pur avendo conseguito un rendimento al di sopra delle attese rispetto al rischio impiegato, ci si ritrova con un portafoglio non correttamente collocato, e che probabilmente non sarà in grado di garantire una sostenibilità dei rendimenti nel medio/lungo periodo (il rendimento maggiore rispetto al rischio è probabilmente dovuto all’osservazione di un periodo temporale limitato, e quindi dalla cosiddetta “botta di fortuna”).

 

Un passo in più

Oltre alla statistica degli strumenti (per le quali nel mio lavoro mi avvalgo di piattaforme specifiche che effettuano tali calcoli e il backtest degli investimenti), ci sono tante altre vie per migliorare un portafoglio (si veda in merito l’articolo pubblicato a gennaio 2021 e raggiungibile a questo link).

Per identificare gli elementi che contribuiscono in modo determinante a migliorare i miei investimenti riparto dai punti che ho citato all’inizio:

  • Assenza di una coerenza di fondo negli investimenti;
  • Assenza di una corretta identificazione degli obiettivi di investimento;
  • Assenza di un controllo sui costi
  • Assenza di efficienza fiscale.

La coerenza di fondo deriva molto spesso da portafogli costruiti per “campagne commerciali”: c’è il prodotto del momento, si sottoscrive quello, e di frequente non si lega con gli altri strumenti e soprattutto con gli obiettivi di investimento dell’investitore.

I punti due e tre spesso si legano al primo, e una rotazione di portafoglio elevata porta un portafoglio a non esprimersi mai nel pieno delle proprie possibilità. Andando ad analizzare nello specifico il numero di transazioni con le commissioni applicate, risulta evidente come i portafogli lascino parte delle performance sul campo di battaglia delle commissioni.

L’assenza di efficienza fiscale, infine, è un compito che non può essere demandato a strategie di allocazione del portafoglio, ma al costante dialogo con il cliente: ci sono minusvalenze da recuperare? L’investimento in specifici strumenti si concilia con il contenimento delle uscite in inutili imposte? Si è considerata la fase di pianificazione successoria? E’ sufficiente investire in titoli di Stato per evitare una perdita del denaro dovuta alle imposte di successione? C’è lo spazio per risparmiare l’imposta di bollo sugli investimenti finanziari? Per finire, esiste la possibilità di mediare la volatilità di portafoglio attraverso strategie in accumulo?

La domanda finale che l’investitore dovrebbe porsi è: so in che cosa ho investito e come ho investito? Gli elementi citati in questo articolo devono essere presi in approfondita considerazione, perché lo spazio per il miglioramento dei portafogli c’è. Quasi sempre.

 

Luca Giordani

 

info@Lgconsulenzafinanziaria.it

 

Disclaimer

I dati, le opinioni, e, in generale, i contenuti del presente documento hanno carattere esclusivamente informativo e non rappresentano una “sollecitazione all’investimento” o una offerta, né una raccomandazione all’acquisto o alla vendita di strumenti finanziari e/o di qualsiasi tipologia di servizi di investimento