Un anno fa scrivevo un articolo che nasceva da una riflessione dopo aver visto le immagini delle file innanzi ai supermercati all’inizio del primo lockdown.

In quel contesto tra le persone prevalsero atteggiamenti che andavano in una determinata direzione, da una parte per la paura di un qualcosa che non si conosceva (il virus) e dell’altra per le conseguenze indirette che ne derivavano (un comportamento disordinato della collettività).

A distanza di un anno possiamo dire di aver osservato diverse cose, che riguardano il nostro atteggiamento, e che sono profondamente instillate per archetipi nel comportamento umano. E a distanza di un anno possiamo anche trarre conclusioni che trovano applicazione al nostro approccio alle cose, non ultimo alla finanza.

 

Se ripercorriamo quest’anno possiamo dire che il primo sentimento che ha prevalso sia stata in prima battuta la paura. A marzo 2020 non conoscevamo nulla del COVID, e la paura di infettarsi era alta. Abbiamo visto qualsiasi situazione come potenzialmente pericolosa, ci siamo adattati presto ad un contesto insolito e abbiamo fatto scaturire sentimenti di comunità che sembravano relegati a periodi del lontano passato.

Siamo inorriditi quando, in parte già al riparo dal virus, vedevamo al telegiornale le immagini di chi non era riuscito a salvarsi o di chi stava lottando. Quando il timore iniziale ha lasciato spazio ad un primo scampolo di razionalità, che è però derivato soltanto da un calo dei contagi e quindi da una certa disciplina nell’approccio all’emergenza, i nervi si sono distesi e abbiamo ricominciato a respirare. Accanto alla razionalità si è però sviluppato il profondo bisogno di normalità e di “prendersi una pausa” da quel disastro, e la stagione estiva ha contribuito ad allentare la tensione. In questa parentesi ha prevalso la speranza, erodendo in parte quella razionalità acquisita dalla forzata riflessione. La speranza non è un sentimento puramente razionale, e quel piccolo angolo di irrazionalità alla fine si è preso uno spazio via via crescente, portandoci ad una overconfidence rispetto al contesto pandemico. Gli scienziati da una parte non mancavano di avvertire la popolazione dei pericoli che ancora erano in agguato, ma un po’ abbiamo voluto chiudere gli occhi ed evitare di pensare che potessero aver ragione, e un po’, complice il calo dei contagi dovuto alla disciplina che avevamo fino a quel momento mantenuto, c’è chi ci ha messo in testa che quanto dicevano gli scienziati forse non era del tutto corretto.

 

Nella nostra mente è rimasto ancorato in buona parte dei casi quell’atteggiamento di overconfidence, di sottovalutazione del pericolo, di non ascolto del parere degli esperti, di chi quello faceva di professione, e ad ottobre ci siamo ritrovati con un aumento dei contagi. La funzione esponenziale è molto chiara e semplice: non cura il virus ma ci fa vedere esattamente come il virus può garantirsi un passaggio da persona a persona, che è poi il proprio Darwiniano meccanismo di sopravvivenza. Sono due forze che si osteggiano: il virus e le persone. Ma anche in questo caso non abbiamo voluto vedere ed approfondire.

 

Che c’entra questo con la finanza? Tutto!

Se ho paura non investo, ma con il mio patrimonio non vado da nessuna parte. Se non mi informo approfonditamente non conosco i rischi e finisco con il gestire nel modo sbagliato gli investimenti fino a perdere potenzialmente buona parte del mio denaro. Se non approccio sistematicamente e in modo disciplinato il denaro rischio di fare errori facilmente evitabili. Se non ascolto il parere di chi fa quello di professione non posso muovermi nel modo corretto, e se ascolto le campane sbagliate faccio degli errori che impoveriscono me e arricchiscono qualcun altro. Se ascolto tutti impazzisco.

 

La pianificazione finanziaria si riduce ad alcune semplici cose: consapevolezza dei propri obiettivi, conoscenza del contesto, trasparenza e nervi saldi. I nervi saldi sono una conseguenza dei primi tre elementi, e se i primi tre punti sono forti, più forti e distesi saranno i nervi.

La liquidità ingente sui conti correnti è conseguenza di un sentimento irrazionale: la paura.

L’acquisto sconsiderato di titoli eccessivamente rischiosi (ad esempio il bitcoin) è conseguenza di un altro atteggiamento irrazionale: la speranza.

L’acquisto unicamente di titoli considerati privi di rischio è conseguenza di un ulteriore atteggiamento: il non informarsi correttamente.

Tutti questi tre comportamenti sono errati e rischiano, allo stesso modo del virus, di fare profondi danni.

 

La parabola psicologica che abbiamo appreso dal virus dovrebbe servirci in tante cose, e per l’appunto anche in finanza: la paura non deve mancare e non dev’essere eccessiva. La paura dovrebbe essere una linea che si muove su un numero superiore a zero con marginali e caute oscillazioni, e non dovrebbe mai emotivamente eccedere un massimo dettato dalla nostra soglia di “sopportazione” che ci pre-assegniamo. L’illusoria speranza non deve esistere, ma deve esistere la consapevolezza di ciò che è possibile e ciò che non lo è, così come non deve esistere l’assenza totale o l’eccesso di paura.

Il filtro di razionalità, informazione, consapevolezza, che un professionista è in grado di applicare può contenere gli eccessi in positivo o in negativo della propria personale “funzione della paura”.

Osservando il così veloce mutamento di approccio che abbiamo avuto in questo anno e mezzo su tante questioni, e a volerne trarre le conclusioni per aforisma, diremmo che…

Se camminiamo guardando unicamente per terra sarà più difficile sapere dove stiamo andando, ma se camminiamo soltanto guardando dritto sarà facile inciampare. Se camminiamo invece in compagnia di un esperto viaggiatore il nostro cammino sarà più tranquillo e non privo di positive scoperte.

 

Luca Giordani

 

 

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