Quando paghiamo qualcosa lo facciamo in relazione a ciò che riceviamo. Noi compriamo il livello di soddisfazione di ogni bene o servizio per il quale sborsiamo denaro. Su ciò si potrebbe aprire un intero dibattito, sono stati scritti libri, tenuti corsi universitari o master. Si passa dalla psicologia dei consumi alla teoria economica.

Ora, è necessario focalizzarci su ciò che genera soddisfazione nel rapporto di consulenza finanziaria, ovvero che cosa significhi pagare un servizio di consulenza. È imprescindibile che chi paga una banca o un consulente abbia ben chiaro il mutato contesto di mercato, che lo porta a non essere più un risparmiatore, ma un vero e proprio investitore. È un cambio di veste involontario, ma determinato da un mondo mutato.

Essere investitori significa affacciarsi alla complessità dei mercati, e significa necessariamente avere a che fare con il concetto di rischio. Essere investitori significa rimettersi a ciò che i mercati “producono”, nelle sue mille sfaccettature, si tratti di performance, di perdite, di tempo, di scelte, di tempestività.

Ne deriva che il consulente finanziario non debba essere più misurato sugli utili che produce per i propri clienti, o quanto meno non solo. Il consulente finanziario, o il rapporto con la banca, deve essere necessariamente confrontato con la rispondenza ai bisogni. Ora, quali sono i bisogni dell’investitore? Cosa vuole l’investitore?

Ho ben chiaro quali siano i bisogni di un investitore, e questo soltanto perché spendo molto del mio tempo a capire e studiare, e perchè con i clienti ci parlo. Mi immagino nel mio passato bancario, e vedo una persona allo sportello  che incontra i clienti e conoscendoli in modo superficiale finisce con il classificarli blandamente. Mi vedo oggi affrontare un dialogo molto profondo, fatto di ascolto, spiegazioni, educazione, costanza, talvolta amicizia.

Il cliente deve esigere una cosa essenziale: il rispetto del proprio pensiero e dei propri bisogni, che significa essere ascoltato, non essere bersaglio di campagne commerciali. Io cliente non devo ricevere un servizio perché mi fanno credere ne abbia bisogno, e di conseguenza pagare una servizio inutile, ma perché ne ho realmente bisogno.

Il consulente finanziario non percepisce una parcella, non sottopone fatture da saldare al cliente. Il consulente finanziario opera in proprio su mandato di un intermediario. In tal senso il cliente intrattiene un rapporto con una banca, della quale è cliente, e la banca se vogliamo è cliente del consulente il quale presta la propria attività professionale nel rispetto dei principi, della filosofia aziendale, degli strumenti che la banca gli mette a disposizione, ma dove il consulente può imprimere liberamente il proprio “stile”. Il consulente non percepirà mai in modo diretto commissioni dal cliente.

Dove risiedono le differenze essenziali rispetto ad un tradizionale soggetto bancario? La filosofia sottostante il rapporto tra i tre soggetti coinvolti: Cliente, Consulente e Banca. Il consulente finanziario è un libero professionista, e il suo guadagno dipende dalla soddisfazione del cliente. In banca la situazione è meno definita, e il guadagno del dipendente prescinde spesso dalla soddisfazione del cliente, ma dipende dal modo in cui la banca tradizionale ritiene di dover interpretare i bisogni del cliente.

Tralasciando varietà e qualità degli strumenti, la base dei costi del cliente bancario tradizionale e del cliente di una rete di consulenti è quindi identica o quasi, essendo il cliente in entrambi i casi soggetto ad un rapporto bancario. Ciò che fa la differenza è l’impegno del consulente a soddisfare in pieno il proprio cliente, sul fronte servizio e sul fronte costi. Anche se il mio ruolo mi imporrebbe di dire altro, sono della convinzione che ci debba essere sempre corrispondenza tra la qualità del bene/servizio offerto, sia quando si tratta di pagare poco, ma anche quando si tratta di pagare di più. Faccio un esempio: voglio comprare un paio di scarpe, ne ho viste in un negozio un paio che costano 100 Euro, ma so essere di buona fattura, poi ne ho viste un paio in un bazar a 20 Euro, che so già essere di scarsa qualità. Non c’è una scelta giusta o sbagliata, ma da una parte so che rinuncio a una parte dei miei risparmi per comprare un paio di scarpe con le quali camminerò bene e che mi dureranno un paio di anni, dall’altra parte so che rinuncerò alla qualità perchè c’è un paio di scarpe  che probabilmente mi provocherà dolore ai piedi, e forse mi durerà due mesi. Il vero problema sorge quando compro a 100 Euro un paio di scarpe che ne valgono 20. Non è quindi sbagliato pagare di più un servizio che vale di più.

Ma c’è di più, perchè il cliente del consulente non paga di più: dov’è il valore nel lavoro del consulente? Essere per mestiere colui che si prende il tempo di capire di cosa il cliente abbia realmente bisogno, ponderare correttamente il rischio, condividere con il cliente gli obiettivi, rispondere alle richieste del cliente in qualsiasi momento (sera, weekend, ecc.) e fornire concretamente delle risposte, essere chiaro e trasparente, far risparmiare il cliente. Sì, farlo risparmiare ricercando a parità di strumenti quello che costa meno. Quanti investitori sono al corrente di quale commissione paghino sullo strumento che hanno in portafoglio? Quanti investitori sono al corrente di commissioni di ingresso o uscita – più o meno implicite – su ciò che hanno investito? Quanti sanno, ad esempio, dell’esistenza di fondi identici (stessa casa di investimento, stesso comparto) ma distinti per classe commissionale, e quindi con una commissione di gestione notevolmente più alta? Sia ben chiaro, non potrei mai fare a meno del mio passato in banca, perchè la professionalità che mi ha donato è enorme, ma questa accuratezza in buona parte del sistema bancario tradizionale non sempre si riscontra.

Il consulente finanziario che mette in atto buone pratiche è quindi quello che offre il servizio di eccellenza, e a conti fatti permette anche al cliente di risparmiare sulle commissioni.

Non è una promozione a senso unico, serve unicamente a dare dettaglio di un’accuratezza che non sempre è presente.

 

Luca Giordani

 

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