La drammaticità degli eventi di questo inizio 2020 ha portato alla luce alcuni elementi dalla portata dirompente. È da qualche anno che si parla di investimenti ESG (Environmental, Social, Governance) e SRI (Sustainable and Responsible Investment), in buona sostanza strumenti che vadano ad investire su aziende con un posizionamento di mercato orientato alla sostenibilità ambientale e sociale, sia in ambito macro che micro.

Oggi sta accadendo che affianco a governi che prevedono forti incentivi alla riconversione verde, e ad altri parametri di natura etica (si pensi ad esempio alle considerazioni fatte in merito alla possibilità di utilizzare fondi di origine comunitaria a favore dell’ex ILVA), l’interesse non è più unicamente soggettivo e dettato dalla responsabilità individuale dell’investitore, ma diventa un elemento finanziario ed economico in grado di fornire un reale valore aggiunto all’investimento.

Vengono sempre più messe ai margini società che operano in un quadro di restrizione normativa, hanno una governance debole o presentano forti rischi di responsabilità societaria. Il riflettore è puntato sulla trasparenza e chiarezza di bilanci, sul miglioramento degli indici finanziari, sulla transizione economica sostenibile Intesa come insieme delle sfide economiche di lungo periodo e delle tendenze sociali.

Oggi essere responsabili significa avere occhio che va oltre il medio periodo, e prendere in considerazione quindi il progressivo invecchiamento della popolazione, lo sviluppo dell’immunoterapia. Pochi sanno ad esempio che nel 2050 il Paese più popoloso al mondo, la Cina, avrà oltre 50 anni, il 66% della popolazione vivrà in città, e tendenzialmente il tenore di vita sarà omogeneo in tutto il mondo.

A cosa sta pensando oggi chi riflette sul futuro? Allo sviluppo del computer quantistico, alla biometrica comportamentale, ai veicoli a guida autonoma. Come ho scritto anche in precedenza, la pandemia che sta colpendo il mondo ha cambiato e sta cambiando profondamente l’assetto economico del pianeta: cambiano gli equilibri politici, le necessità, il modo di lavorare, ma cambia anche la coscienza collettiva. È un fermento sotterraneo offuscato dai proclami di leader populisti, che propongono vecchie ricette utili nell’immediato ma fallimentari nel medio e lungo termine, ma è un processo emergente.

In fondo questo è l’equilibrio al quale dovrebbero tendere economia e politica: il denaro ha un fine utilitaristico, ma con un indirizzo regolatore leggero orientato al benessere collettivo in un contesto di libertà economiche e individuali, il denaro può assumere in modo ambivalente un valore utilitaristico ed etico. In questo senso il denaro si può dire corra più velocemente di buona parte delle persone.

 

Luca Giordani

 

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