L’economia americana continua a dominare lo sviluppo globale, ma negli ultimi vent’anni il mondo ha visto uno spostamento consistente dell’asse di rotazione dal perno occidentale a quello orientale.

Per quanto con il paraocchi, è molto probabile l’attuale amministrazione statunitense sia ben cosciente di questo, non a caso ogni mossa politica è volta a colpire più o meno direttamente la Cina sul fronte economico (si pensi alla guerra dei dazi) o della credibilità del governo di Pechino.

Da entrambe le parti si consumano errori piuttosto importanti: la Cina non è una democrazia compiuta, anche se prima di esprimersi sarebbe bene conoscere l’humus culturale e sociale di quella nazione, e gli Stati Uniti stanno concentrandosi su obiettivi di breve termine (più o meno corrispondenti con la durata di un mandato presidenziale), trascurando le ripercussioni di talune scelte sul medio/lungo termine.

Mi hanno molto colpito molto due tabelle che riporto qua sotto, e che indicano il numero di brevetti di queste due superpotenze.

 

Fonte: World Intellectual Property Organization

 

Fonte: World Intellectual Property Organization

 

Va tutto relativizzato alla popolazione, e al fatto che l’economia statunitense sia un’economia matura, ma non va trascurato lo sviluppo esponenziale di brevetti cinesi degli ultimi dieci anni, cresciuti di quasi il 605%.

Prendendo ad esempio un tema d’attualità – il 5G – la Cina gode di un vantaggio competitivo determinante. Il 5G porterà allo sviluppo del cosiddetto “internet delle cose”, con un potenziale di innovazione enorme. Un’azienda cinese come Huawei è davanti molti altri competitors su questo tema, ed è facile immaginare che, nonostante per fatti ben noti siamo portati a confondere la Cina con il mercato di Wuhan, le città più avanzate tecnologicamente si troveranno in Oriente.

Breve parentesi: il tema del 5G è estremamente interessante, perché mentre in Italia ci stiamo interrogando sulla sua nocività, nel resto del mondo gli investimenti in questa tecnologia stanno aumentando più che proporzionalmente. Peraltro, secondo le stime effettuate da alcuni grandi asset manager come Fidelity, Morgan Stanley, JP Morgan, continuerà a confluire denaro più o meno direttamente su questa tecnologia fino al 2027.

Ora, è chiaro che l’occidente non scomparirà, ma è altrettanto chiaro che su scala globale ci sarà una maggiore distribuzione di ricchezza tra vari Paesi, con una omgeneizzazione del tenore di vita, inevitabilmente a discapito dei Paesi oggi considerati sviluppati.

Senza scendere sul tema politico, ma rimanendo in ambito strettamente economico, le politiche degli Stati Uniti, politiche che una volta si sarebbero chiamate protezioniste, si stanno dimostrando un boomerang importante, perché le aziende sono più coscienti di dove risieda il valore rispetto alla politica, e come conseguenza si stanno riposizionando strategicamente e geograficamente.

A conclusione, l’asse della crescita globale è già sbilanciato ad est e, come per gli obiettivi di investimento, è necessario avere chiaro il quadro economico all’interno del quale ci si trova, sia per operare scelte coscienti, sia per sviluppare una matura concezione della realtà.

 

Luca Giordani

 

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