Le borse mondiali hanno dimostrato, a seguito degli storni all’inizio del coronavirus, una capacità di reazione straordinaria. Oggi la borsa americana si è riportata ai livelli di inizio marzo, quando la pandemia cominciava a diffondersi in Europa ed USA. È la fine della crisi finanziaria?

In questa situazione vanno tenute in debito conto alcune considerazioni non irrilevanti: le economie dei paesi industrializzati sono pronte ad affrontare il nuovo assetto che si è venuto a creare? Urgenza e necessità sono state indubbiamente le migliori docenti per questo corso di “innovazione tecnologica“, e in conseguenza si sono diffusi sistemi di comunicazione a distanza che sinora avevamo soltanto immaginato vedendone l’icona sul telefono, sul tablet o sul PC. Abbiamo incrementato il numero di acquisti online, e ad emergenza finita manterremo questa abitudine. In buona sostanza questa spinta in avanti è stata indubbiamente una scossa di assestamento importante nel terremoto “COVID”, e i segni di questa spinta non si esauriranno.

Dall’altra parte il progresso scientifico che indubbiamente trarrà spunti di riflessione da questa brutta esperienza, sia per quanto riguarda il modello organizzativo e assistenziale, sia per quanto riguarda la ricerca.

A livello politico sono successe tantissime cose, delle quali nemmeno ci siamo accorti: sul piano europeo, depurando il discorso dalla dialettica politica, si è assistito a numerosi passi in avanti, evidentemente era necessario un virus perché si arrivasse ad affrontarli.

Questo quanto accaduto nella vita di tutti i giorni, più o meno palpabile, ma sotto sotto cosa accade? Possiamo dire che i mercati finanziari siano in via di guarigione? Difficile poterlo affermare, ma partendo da alcune premesse ci si può fare un’idea:
– secondo l’azzeccatissimo adagio di quel famoso film di Oliver Stone, è vero che “il denaro non dorme mai”;
– il denaro cerca altro denaro;
– il denaro cerca opportunità per moltiplicarsi, anche fittiziamente.

Sulla base di questi tre principi, nello scenario di allentamento monetario, rischio credito e tassi negativi, il premio al rischio oggi viene dalle azioni, e non dalle obbligazioni: da qui possiamo parzialmente spiegare la rapidità di reazione delle borse internazionali, ma attenzione perché gli utili attesi delle aziende quotate si sono sensibilmente ridotti, mentre i prezzi sono tornati a livelli sostenuti, portando il rapporto prezzo/utili piuttosto in alto. Significa che se le azioni ad inizio crisi erano sottovalutate, oggi cominciano ad essere sopravvalutate.

A contraltare di questo vanno posti gli acquisti di debito pubblico da parte delle banche centrali, nonché le manovre di espansione fiscale. Alcune previsioni della banca centrale europea danno in ulteriore incremento l’acquisto di nominale da qui alla fine dell’anno: queste previsioni stimano, a seconda del singolo Paese, una quota che va dal 21% al 34% del totale la parte di debito pubblico in mano alla Banca Centrale Europea. In buona sostanza i mercati si stanno creando una forte aspettativa rispetto a quest’intreccio tra politiche monetarie e politiche fiscali, confidando che ciò possa portare ad un ritorno alla normalità. Si attendono forse una monetizzazione in senso stretto del debito? Se così fosse, la politica dei vari Stati dovrà mostrare il proprio lato migliore (e coesivo).

Nel frattempo il debito pubblico italiano lambirà quota 160% sul PIL, e tale debito è sostenibile a patto che i tassi rimangano quelli attuali. Anche qua significa che non ci si può permettere il lusso di fallire le politiche economiche.

Impegnati ad osservare con un occhio la parte finanziaria dell’economia, dovremo utilizzare l’altro per misurare tutti gli effetti reali di questa pandemia, effetti che non siamo ancora in grado di quantificare correttamente, perché è fuor di dubbio che purtroppo molte aziende saranno costrette a chiudere. Le borse svilupperanno quindi grande sensibilità ai dati macroeconomici e a qualsiasi mossa delle autorità monetarie e politiche, con potenziale volatilità.

Riprendo però il discorso rispetto a un mondo cambiato: la digitalizzazione sarà permeante, e di conseguenza la questione della sicurezza digitale; la green economy avrà un ruolo fondamentale anche a livello di regolamentazione, specialmente se lego il discorso a sovvenzioni o contribuzioni; con una quantità di debito tanto elevato, l’unica via per la sostenibilità è l’inflazione, quindi non ci si può esimere dall’essere estremamente oculati nell’investimento obbligazionario; le nuove piattaforme logistiche, le Smart city, il commercio online, saranno temi fondanti per l’investitore di domani.

A voler tracciare una riga, non è la fine della crisi finanziaria, ma è il momento di intuire quali saranno i temi di investimento, di capire quanto le aziende saranno resilienti al cambiamento e alla propria capacità di “riqualificarsi”, perché i benchmark non saranno più soltanto i principali indici di borsa, ma specifici segmenti sui quali è già opportuno muoversi.

 

Luca Giordani

 

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