Fine anno – inizio anno. Si fanno i bilanci degli investimenti. Ciò che emerge in primis, se si vuole stringere l’angolo temporale di osservazione, è l’importanza del timing di mercato: se si è costruito un portafoglio nella seconda metà dell’anno (e in particolare nel terzo quadrimestre) la volatilità si è fatta sentire. Com’è ovvio, se costruiti nel modo corretto, i portafogli ignorano il timing di ingresso, a prescindere dal risultato conseguito dal mercato. Se infatti ho già messo in conto la necessità di liquidità il momento di ingresso non tocca l’obiettivo di investimento. Al pari, in chiave tattica è possibile prevedere accumuli progressivi per mediare la volatilità, o contrarre l’esposizione al rischio quando gli indicatori lo consiglino.

In generale l’esposizione alle varie asset class è rimasta in quest’anno sostanzialmente invariata per quanto attiene l’azionario (oramai unica via attraverso la quale realizzare rendimento), mentre si è ridotta notevolmente a livello di aggregati la parte obbligazionaria (mentre a livello di media semplice la percentuale rimane più o meno stabile). In contropartita, in funzione degli alleggerimenti dell’ultima parte dell’anno, è aumentata la parte monetaria, con conseguente marginale riduzione del VaR complessivo per aggregati. Coerentemente alla convinzione di fondo, ritengo pertanto perseguita la logica impostata a fine 2020, all’interno della quale disegnavo un quadro poco efficiente per l’asset class obbligazionaria. Ma ora passiamo ai numeri, che quest’anno nell’esposizione semplifico notevolmente (in conclusione porterò le considerazioni opportune in merito ai valori non esposti).

Composizione degli investimenti

A livello di media ponderata, i portafogli sono al 28,49% in monetario (+7% rispetto lo scorso anno), 22,76% in obbligazionario e 43,59% in azionario (con una esigua percentuale non altrove classificabile a completamento). A livello di media semplice, invece, i portafogli sono esposti al 22,01% in obbligazionario (-7% rispetto allo scorso anno), con un marginale aumento della componente azionaria e strategie multiasset.

Indicatori di rischio

L’analisi non è dinamica, pertanto fotografa la situazione di fine anno e non l’evoluzione nel tempo. Conseguentemente il VaR ne risulta influenzato, perché la volatilità si è amplificata proprio sul finire dell’anno. Nonostante ciò, il VaR medio ponderato è sugli aggregati in riduzione dello 0,06%, in ragione dell’avvio di una fase di marginale riduzione del rischio sui portafogli.

I rendimenti di portafoglio

Il rendimento medio ponderato per aggregati è stato pari all’8,04% complessivo (questo significa che il patrimonio complessivo in gestione è cresciuto di questa percentuale) con una mediana del 6,28%. All’interno di questo totale, l’87,5% dei portafogli ha conseguito rendimenti positivi, e il 12,5% rendimenti negativi. Ad un’analisi dei rendimenti negativi emerge chiaramente come si tratti degli investimenti di più recente costruzione (il famoso timing di mercato del quale scrivevo all’inizio). I rendimenti positivi sono influenzati chiaramente dalla consistenza di ciascun portafoglio e dal rendimento conseguito singolarmente, anche se non c’è grande scostamento: il rendimento medio semplice dei portafogli è infatti pari all’8,64%. Com’è ovvio i portafogli più esposti al rischio sono anche quelli che hanno generato un rendimento migliore. Ho implementato l’analisi con un indicatore grezzo di efficienza, che metta in relazione diretta il rischio con il rendimento: questo indicatore è utile per capire dove il rischio venga premiato, e dove le posizioni meno rischiose risultino particolarmente efficienti in termini di rendimenti.

Conclusioni

Per tracciare una riga, lo scenario per i mesi a venire si presenta meno spianato rispetto allo scorso anno. Ci troviamo infatti a fare lo slalom tra inflazione, mosse delle banche centrali, problemi nelle catene di fornitura, crescita matura. Ho aperto con il timing, e chiudo con il timing, perché in chiave tattica può fare la differenza cogliere le divergenze che si presentano in fase di formazione delle aspettative sulla dinamica domanda/offerta (in particolare sul fronte obbligazionario per i portafogli che perseguono un rischio contenuto). Al pari sull’azionario, che per un certo verso è stato più facile da surfare negli ultimi anni, può essere determinante cogliere il momento opportuno (così come per i clienti più audaci può essere determinante avviare mosse già da ora per ridurre temporaneamente il rischio di portafoglio con l’obiettivo di aumentarlo ora).

Tuttavia, conclusione finale il libertà, il timing è importante nel momento in cui si vuole ottenere un extrarendimento, ma più importante è non mettere un timer al portafoglio: è sempre opportuno pensare preventivamente una volta in più al proprio reale obiettivo, perché i rendimenti non ci deludano poi.

Buon anno di sfide!

 

Luca Giordani

 

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