Stavamo a stento uscendo da due anni durissimi, i cui tempi e modi di vivere sono stati dettati da una pandemia che ha avuto conseguenze drammatiche su tutti i fronti: quello sanitario, quello sociale e per finire quello economico.

I giudizi si fanno facilmente duri se si pensa a quanto sia stupido ciò che sta accadendo in questi giorni, una pura follia di morte e di drammatiche conseguenze politiche. Cercherò di concentrarmi su quelli che sono i razionali e sterili dati inerenti economia e mercati, evitando di sconfinare in ciò che non è proprio a questa pagina.

 

L’equilibrio instabile

Alle volte penso il secondo conflitto mondiale non sia mai terminato. Qualche tempo fa pensavo lo avessimo rinchiuso dentro una scatola e trasferito in medio-oriente, dal quale sono poi emerse nuovi attriti, nuovi risentimenti che sono sconfinati in altri conflitti che si sono estesi al mondo arabo, sconfinando ulteriormente nella galassia del terrorismo religioso. Con quanto sta accadendo in questi giorni in Ucraina è come avessimo premuto il tasto “skip” per tornare direttamente al secolo scorso, saltando i capitoli di intermezzo (anche se è molto probabile riemergano proprio all’interno di questo conflitto).

Tutto ciò per dire che forse abbiamo vissuto l’illusione di poter costruire un futuro nuovo, proprio negli anni in cui si sta parlando di un’economia tendente alle emissioni neutre, ad una estensione dei programmi di recupero del benessere in aree del mondo che da questo benessere non sono state raggiunte. Invece no, sembra l’incastro perfetto di un disegno che va ad incidere sui punti di debolezza delle nostre società ed economie, colpite ai fianchi dalla pandemia e dallo strascico che si è portata appresso (debito, inflazione, ecc.). Oggi emerge con veemenza l’illusoria stabilità che tale non era.

 

I punti nodali

E’ evidente che sono sempre più i punti che differenziano il mondo in blocchi votati a sistemi democratici e liberali rispetto a quelli che invece assumono un atteggiamento autoritario e repressivo, sia in senso sociale che economico. Queste ragioni culturali e storiche travalicano l’ordine dei bisogni delle persone, e fanno capo al campo delle ideologie, che dietro di sé lasciano sempre un campo di restrizione dei diritti e delle libertà. Senza esprimere giudizi, l’economia russa fonda il proprio ordine sulla spartizione dei beni statali a seguito della caduta dell’Unione Sovietica, spartizione che è avvenuta in favore degli ormai famosi oligarchi, divenuti possessori di imperi senza necessariamente avere capacità manageriali, ma per aderenza (e riporto) al potere governativo. In sé quindi l’economia russa non è guidata da criteri di libertà ed efficienza, ma fa principalmente capo ad un forte posizionamento sul fronte della fornitura di materie prime, che la pone in posizione di forza. L’economia nei Paesi occidentali sappiamo invece (o dovremmo sapere) che si fonda principalmente su criteri economici, quindi ha in sé il carattere della tendenza all’evoluzione e progresso. E’ un passaggio che credo essere importante perché impone la necessità di avere occhi diversi a seconda della realtà che si osserva. Da un lato la politica forte ed autoritaria, che si impone e che detta criteri etici, dall’altra una politica liberale che invece si rifà (o si dovrebbe rifare) a principi di libertà che si autoregolano. I Paesi a politica autoritaria, trascendendo dai propri leader, mal tollera l’autodeterminazione, o comunque pensa che la società – e le persone – non siano in grado di decidere per sé. È esattamente quello che sta accadendo in Ucraina, dove un popolo sta esprimendo il proprio intento di autodeterminarsi, e questo non è accettato. Tra la propaganda che ne proviene, e i numerosi errori che i Paesi Occidentali hanno fatto, si pongono i timori dell’allargamento delle aree di influenza di organismi come NATO e UE.

 

Le conseguenze del conflitto

Riprendendo direttamente quanto già scritto in precedenza, gli effetti che tutti viviamo in questi giorni, oltre al timore di effetti ulteriori, sono riferibili al prezzo dei beni al consumo, principalmente riferibili all’incremento dei prezzi energetici che si ribaltano immancabilmente nei prezzi al consumo. Il tema inflazione era già nell’occhio del ciclone a seguito dell’esplosione della domanda derivante dalle riaperture post pandemia. Ad inizio 2022, infatti, i discorsi tra noi consulenti finanziari, e i posizionamenti degli asset manager, ecc, includevano sempre due concetti: inflazione e banche centrali. Ad inizio anno si ragionava infatti di come riposizionare i portafogli per affrontare un’inflazione incontrollata e un aumento dei tassi di interesse. Oggi tutto ciò è acuito dall’aumento dei costi di produzione, derivanti dall’aumento del costo dell’energia, delle materie prime, dalla transizione energetica in fieri. Escludendo eventuali rischi di escalation bellica, le conseguenze saranno quindi da riferirsi all’impatto sui costi di produzione, e di conseguenza sul costo del prodotto finale. Dirette conseguenze le avranno i Paesi esportatori verso la Russia, e l’Italia rientra indubbiamente in questo insieme di Paesi. Non ultimo un impatto sul comparto turistico. A livello economico gioca anche un ruolo fondamentale il “clima di guerra”, che sotto la scure della paura suggerisce il rimando delle spese di investimento.

Un altro effetto, probabilmente calcolato dal Paese aggressore, è quello del tema dei profughi di guerra, che sono in grado di influenzare enormemente un’opinione pubblica già infragilita dalla pandemia.

 

Gli scenari che emergono

Come fatto finora, intendo concentrarmi unicamente su ciò che può avere un impatto a livello economico e finanziario. Avrei voluto scrivere prima ciò che leggo nell’attuale situazione, e probabilmente è ancora troppo presto per avere uno scenario che offra spunti di riflessione chiari, tuttavia mi pare di intuire alcuni segnali emergenti.

Per primo una politica monetaria da parte della FED e della BCE che tenderanno ad essere divergenti. Dai segnali che emergono, infatti, pare che la FED non rivedrà la propria politica monetaria. Si tratta di un potere diverso, ma anche nel suo discorso sullo Stato dell’Unione di Biden è emerso come il tema inflazione rimanga centrale. In Europa il discorso è più sfumato, e pare di intuire una maggior cautela nella revisione al rialzo dei tassi di interesse. Ciò porterà con ogni probabilità ad un’inflazione che sarà rivista al rialzo rispetto alle proiezioni di inizio anno.

In seconda battuta ciò cui abbiamo assistito è stata una compattezza dell’occidente, e in particolare un ricompattamento della UE, che proprio ieri ha annunciato un indebitamento comune per far fronte alla situazione di rischio energetico e militare. All’interno delle tante videocall di questi giorni, una frase mi ha colpito in particolare: “stiamo vivendo settimane che valgono decenni”. La pandemia e questo conflitto stanno spingendo a forza il processo di unificazione europea, come negli ultimi decenni ormai non accadeva.

È poi evidente, come già detto, il perdurare delle tensioni sulle materie prime, in particolare quelle energetiche e quelle necessarie alla transizione energetica. Ricordiamolo, le transizioni comportano di per sé costi, e ad oggi queste sono aggravate dalla situazione.

In ultimo è tornato in auge l’interesse per il settore difesa, in particolare per la cybersicurezza.

 

Conclusioni

Ci siamo trovati per l’ennesima volta al periodo di forte volatilità dei mercati, con pesanti cali e riassestamenti. Nel momento in cui scrivo (09/03/2022) le borse europee hanno chiuso con un forte rialzo. Ricordiamo sempre quel mantra secondo cui una borsa che abbia forti rialzi soffre della stessa malattia di una borsa che subisce importanti ribassi. Come già scritto, ho evitato di esprimermi in precedenza, perché spesso la voglia di arrivare prima su notizie e congetture si sposa con la parola “errore”. Così oggi, non faccio altro che osservare la situazione e intuire la forma di ciò che la pioggia sta lavando.

L’auspicio ovvio e scontato è il ritorno della ragione e della via del dialogo, che è un bellissimo concetto quanto purtroppo oggi vuoto.

 

Luca Giordani

 

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