Con questo breve (e un po’ brusco) articolo vorrei aprire dubbi e non fornire risposte. E’ una cosa che non faccio mai, ma in questo caso voglio lasciare aperto il cerchio.

La coerenza è per la mia vita professionale un dogma, e non vi derogo mai: coerenza sulle visioni, coerenza di comportamento, coerenza di obiettivi. Cosa accadrebbe se non adottassi questa coerenza? Che ad ogni incontro con i miei clienti direi una cosa diversa dalla precedente. Ciò non significa che se il contesto di mercato cambia repentinamente e smentisce una mia visione io continui a sostenere ciò che in precedenza ho detto rispetto allo specifico argomento, ma significa che nel momento in cui faccio un’affermazione sono cosciente che ciò che sto comunicando al cliente potrebbe cambiare la volta successiva, e quindi contempero l’informazione che fornisco. Non significa non prendere in merito una linea, ma significa estendere lo sguardo oltre il singolo incontro che faccio con il cliente, e se prevedere ciò che accadrà è difficile, è però altrettanto vero che la statistica in finanza fornisce alcuni dati che possono supportare il livello ultimo di informazione che il cliente riceve.

Se non prendo in considerazione soltanto il breve termine, ciò che va bene per la prossima ora o la prossima settimana, so per certo che i risultati arriveranno. Un esempio? Quando il mercato crolla l’onda emotiva è impetuosa, e come in un attacco di panico la maggior parte delle persone pensa che non vedrà le ore successive. Eppure i mercati, e mi riferisco in particolare al mercato azionario, cresce sempre. Con costanza. Dobbiamo saper guardare oltre.

Per tornare al dubbio di cui scrivevo all’inizio, e ricongiungermi alla coerenza che adotto con il mio approccio, con questo articolo voglio invece parlare di coerenza dell’investitore, quando in particolare deve stabilire le basi del proprio patrimonio, o  prendere decisioni in merito. Ecco qualche esempio di affermazioni che di frequente viene fatta:

  • Voglio guadagnare ma non voglio perdere;
  • Voglio rischiare ma se a breve dovrò sostenere delle spese voglio poter disinvestire tranquillamente;
  • Quel titolo era cresciuto tanto, perché da quando l’ho comprato sta perdendo tanto?
  • Non sapevo che quello strumento che ho comprato fosse rischioso, anzi illiquido;
  • La mia banca non mi soddisfa, però ho il conto lì da una vita e non intendo cambiare, e poi sono così gentili.

A scanso di equivoci:

  • Più vuoi guadagnare, più devi essere disposto a perdere;
  • Più breve è l’orizzonte temporale di investimento, meno rischioso dev’essere quell’investimento;
  • Se un titolo cresce molto velocemente, può scendere altrettanto velocemente;
  • La tua firma su un ordine contraddice il tuo ignorare il rischio o l’illiquidità di un titolo;
  • Se la tua banca non ti soddisfa, non hai firmato i contratti con il sangue: gentilezza e disponibilità sono fondamentali, ma anche la competenza professionale lo è.

Questi sono solo alcuni esempi, ma sono abbastanza emblematici rispetto a ciò che dovrebbe invece essere un corretto atteggiamento quando si approcciano gli investimenti.

Il dubbio che con questo articolo voglio lasciare aperto è questo: se vi affidate ad una banca o ad un consulente, quante volte avete fatto scelte senza dare una seppur minima risposta alle domande di cui sopra? Quanto avete condiviso le scelte, e quanto invece siete usciti dicendo “mah, speriamo di aver fatto la cosa giusta”? Quante volte avete detto di voler cambiare banca e non l’avete fatto?

Il dubbio è tutto qua: quanto avete l’impressione di non essere coloro che decidono con coscienza come investire il proprio denaro?

Ecco, io credo il ruolo del consulente sia quello di non forzare il cliente a fare qualcosa, ma di dargli le basi per comprendere ciò che desidera assegnarsi come obiettivi, e guidarlo in questo percorso.

Luca Giordani

 

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