La recente riduzione da 3.000 a 2.000 euro al limite di utilizzo del contante e le statistiche sociali e relative ai conti dello Stato forniscono l’aggancio per parlare di evasione fiscale e finanze pubbliche. È noto che il debito pubblico italiano sia tra i più alti al mondo e, a seguito dell’emergenza COVID, stia ulteriormente crescendo.

Dall’altra parte un PIL che è crollato ed è destinato a non riprendersi in tempi rapidi, relegando quindi il rapporto ad un peggioramento significativo.

Da più parti si fa forte il timore di un’imposta patrimoniale per porre un tampone al deterioramento delle finanze pubbliche. Da un lato una imposta di facile applicazione, dall’altro un potenziale gettito molto elevato, considerato che la liquidità presente sui conti correnti degli italiani sfiora attualmente i 1.500 miliardi di Euro.

Partendo dal presupposto che non siamo in grado di capire se questa possa o meno essere introdotta, proviamo a ragionare in modo pragmatico su quanto sia effettivamente possibile il varo di una imposta patrimoniale.

Lato politico

Accadde sotto il governo Amato nel 1992 e ancora oggi ce ne ricordiamo (leggi la temiamo): il prelievo forzoso del sei per mille sui conti correnti. Fu a ragione una manovra molto invisa, perchè venne equiparata ad un vero e proprio furto: io Cittadino, il cui denaro sul conto corrente è frutto del mio lavoro sul quale ho pagato regolarmente le tasse, vedo arrivare lo Stato che mi porta via un po’ di quei risparmi. E’ come un ladro che ci entra in casa. Pragmaticamente, una manovra del genere oggi creerebbe disordine sociale, e soltanto uno sprovveduto potrebbe pensare di introdurre un simile prelievo. E’ vero che la politica italiana non perde occasione di mostrare quotidianamente esempi di incompetenza, ma è altrettanto vero che nessuno vuole una crisi di governo oggi, perchè nella gestione dell’emergenza non ce lo possiamo permettere. Una tassa patrimoniale la innescherebbe con facilità estrema, e provocherebbe un ribaltamento di maggioranza che è nei desiderata soltanto di alcuni leader politici sprovveduti.

Lato economico/finanziario

In questo momento, nonostante la dialettica politica, i vincoli europei sono estremamente larghi, e non ci sono cani che mordano le caviglie per rientrare in rapporti deficit/PIL, debito/PIL come da trattato. La Germania sta conducendo questa crisi con grande responsabilità, contrariamente a Paesi come Olanda o Austria che sembra mirino più a creazione interna di consenso – o tutela di interessi interni – che a perseguire una effettiva capacità di leadership.

Dall’altra parte l’Italia, che si trova in una situazione straordinariamente unica per attuare riforme a costo zero ed evitare di impattare sulle tasche dei cittadini. In Italia, per fare un esempio, il 6% dei contribuenti paga il 40% dell’IRPEF: sarebbe di per sè quasi sufficiente eliminare il contante per decimare gli alti livelli di evasione. Buona parte delle entrate e degli equilibri di finanza pubblica sarebbe di per sè aggiustata con la reale lotta all’evasione che ormai tutti i governi dicono di voler fare, ma nessuno fa. In aggiunta a questo, riduzione della spesa inefficiente: costerebbe qualche sacrificio nel brevissimo termine, ma consentirebbe di garantire un futuro più sereno al Paese e ai nostri figli.

 

Prima di un’imposta patrimoniale ci sono quindi alcuni passaggi da fare, non dimenticando che pur nel silenzio già dal 2014 paghiamo una imposta patrimoniale: l’imposta di bollo sulle attività finanziarie pari allo 0,2% annuo. Nello specifico quindi appare improbabile ad oggi, con una tensione sociale e politica piuttosto elevata, l’applicazione di una imposta patrimoniale sulle giacenze di conto corrente. Tuttavia nel prossimo approfondimento prendiamo in considerazione la possibilità di introduzione di un balzello fiscale che riguardi la ricchezza, e le conseguenti analisi/soluzioni.

 

Luca Giordani

 

info@Lgconsulenzafinanziaria.it

 

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