Il tempo ha un prezzo, e più lo scenario è incerto, più il prezzo del tempo aumenta. Potrei chiuderla qui, ma cerco di spiegare come una considerazione che riguardi la vita umana possa essere rovesciata sulla finanza per essere tradotta in numeri.

Viviamo un tempo di guerra: guerra sul campo, guerra nel commercio, nei prezzi, nei tassi. Sono tempi difficili, e come tutti i contesti vischiosi sorgono a seguito di un momento di forte pressione e comportano la scomposizione dello scenario pre-esistente alla ricerca di un nuovo equilibri. La pandemia è stato l’innesco del tutto: il fatto umano delle restrizioni (e, ancor più tragico, dei danni sulla salute pubblica) si è trasformato, a riaperture avvenute, nel fatto umano della voglia di libertà e spensieratezza. La paura in ambito finanziario, i fermi produttivi con calo del PIL, il risparmio e la liquidità cresciuti a dismisura, si sono trasformati in successivi consumi, impetuosi e concentrati in una frazione di tempo abbastanza ristretta, complice una spesa pubblica compiacente. La finanza non è dissimile dalla vita. La finanza dà un prezzo alle cose, e la cosa più preziosa in finanza è il tempo.

L’obiettivo di quanto scrivo, però, non è ragionare di tempi medio-lunghi o di temi macro, ma di temi che possiamo tastare in questo specifico frangente. Per farlo parto da un grafico.

Questo è il grafico del titolo di Stato tedesco. Ricordate il famoso Bund, quello che viene preso a riferimento come titolo affidabile e privo di rischio, sul quale si calcola il famoso spread, ovvero il differenziale di rendimento? Eccolo qua: questo titolo è stato emesso al prezzo di 100 il 7 gennaio di quest’anno, e scadrà il 15 febbraio del 2032. Questo titolo, proprio perché ritenuto affidabile, è stato emesso con una cedola pari a zero. Di fatto, quindi, avendo comprato questo titolo è come se avessi semplicemente messo il denaro in cassaforte, senza toccarlo per dieci anni. Ecco, questo titolo privo di rischio comporterebbe, nel caso lo si vendesse oggi, una perdita attorno al 18%. Hai investito 10.000 Euro? Ne perdi circa 1.800. Continua ad essere un titolo privo di rischio? Assolutamente sì, è uno dei titoli più sicuri sui quali investire, se guardiamo al rischio emittente (lo Stato tedesco), ma non lo è in alcun modo se invece consideriamo il rischio tassi. Era prevedibile? Sì, era prevedibile un rialzo tassi e un calo di prezzo. Era prevedibile perdesse così tanto? No, perché l’inflazione è cresciuta più di quanto si immaginava, e di conseguenza i tassi di mercato sono mutati al rialzo in modo molto marcato. Un investitore che abbia acquistato questo titolo ha perso il proprio denaro? Sì se vende oggi, no se lo porta a scadenza.

Ad ogni modo è legittimo pensare che anche il titolo fosse portato a scadenza, rientrando interamente di quanto investito, denaro l’avrei perso per effetto in primis dell’inflazione, ed in seconda istanza delle occasioni migliori di investimento che in dieci anni si presentano sempre e comunque.

Per tornare alla frase di inizio articolo, quindi, il tempo ha un valore particolarmente alto quando le cose sono maggiormente rischiose: pensate ad una decisione che dovete prendere in pochissimo tempo, e a quanto tempo in più vorreste per poter decidere. Il prezzo del tempo oggi si misura, su un orizzonte di dieci anni, nella misura di un 18% per un titolo privo di rischio. E non stiamo contando tutte le opportunità di investimento alle quali in questi 10 anni rinunciamo per rientrare di quanto abbiamo investito. La perdita teorica quindi è sempre più alta.

Per tornare ai mercati e ai portafogli, questo anno è stato stra-ordinario: il 2022 segna l’anno in cui non c’erano ripari (o ce n’erano pochissimi) perché è sceso l’azionario, ma è sceso anche l’obbligazionario (vedi ad esempio il bund). In genere i portafogli venivano pesati sul rischio aumentando la componente azionaria a scapito di quella obbligazionaria, ma quest’anno non c’è stata scappatoia. Ora, al di là del poveretto che ha messo tutti i propri risparmi in un bund tedesco, che necessariamente dovrà intervenire sulla propria scelta iniziale di investimento per riparare, azzarderei un’affermazione: le ragioni che hanno portato giù tutto sono le stesse che riporteranno alla normalità le cose. Così come è auspicabile un rientro dell’inflazione (anche se pare improbabile il target posto dalle banche centrali), è altamente probabile l’aggressività della restrizione monetaria operata dalle banche centrali sarà rivista, ed è quindi probabile che la correlazione tra asset class (azionaria e obbligazionaria) prosegua all’inverso, quando le cose saranno migliori. Se un portafoglio è correttamente diversificato, è corretto intervenire oggi? Tenderei ad escluderlo, ma è ovvio che quando le cose si stabilizzeranno, non è sbagliato tornare a dare un po’ di peso al rischio.

Il prezzo del tempo oggi è molto alto, ma torneremo a comprarlo a sconto: è solo questione di tempo!

 

Luca Giordani

 

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